sabato 27 gennaio 2007

Orate in carta da culo...

Si, è lecito chiederselo. Come è possibile un simile accostamento? E’ lecito pensare anche che probabilmente il titolo del post è sbagliato e che al posto di “da culo” dovevo scrivere “da forno” in modo da indicare un qualcosa che avesse a che fare con una ricetta o con un articolo trendy genere “slow food” casalingo. Invece di trendy non c’è un emerito cazzo e il titolo del post non è mai stato così azzeccato perché….
Partiamo dalle orate. Spesso - un paio di volte all’anno o forse tre - a casa mia organizzo una cena tra amici dove la regina la fa da padrona solo per il fatto che mi piace pescarla quanto mangiarla. Adoro condividere le cose piacevoli della vita con gli altri. L’occasione si è prestata a diventare una specie di evento e devo dire che la cosa mi allieta alquanto, soprattutto il fatto che la partecipazione è sempre numerosa, anche se come al solito alla fine qualcuno declina per i motivi più disparati (ho amici vegetariani, vegani, combattenti per i diritti civili della fauna marina, militanti per la salvaguardia odontoiatrica del castoro marino e difensori delle anatre da diporto…un saluto caloroso a Gianni della Associazione Combattente Caccia al Piccione, una volta è riuscito a fermare un cacciatore bracconiere sparandogli alle gambe). Non ricordo quando il tutto è stato inaugurato e neanche quante volte si è ripetuto, diciamo circa 7-8 volte. Purtroppo non mi sono mai preso la briga di filmare o fare delle foto ora che ci penso. Un peccato, cercherò di recuperare prossimamente, ho un amico del comitato per la difesa del pesce siluro che è un asso della cinepresa.

Veniamo alla carta igienica. Ad una delle prime cene, la festa è alquanto degenerata. Del resto non poteva essere altrimenti visto che le bottiglie di bianco erano abbastanza da non entrare nel frigo, primo perché erano troppe e secondo perché era già pieno di birre. Da bere quella sera è rimasta solo una bottiglia d’acqua. I partecipanti erano una quindicina, sette seduti a tavola e gli altri 8 in braccio o in spalletta, visto che la casa non ne può ospitare parecchi. Alle 2 del mattino saluto i superstiti ed esco di scena con il mio classico (reggo qualsiasi tasso alcolico alla perfezione) “ragaszi buonenotte, fate come fs casa vosta”. Al mattino è merda, mi alzo dal letto perfettamente ubriaco strappando via dal mio corpo tutti i fogli di giornale in cui mi hanno avvolto come una mummia. Il Buitre (si quello che molti di voi conoscono come musicista, poeta, artista accarezza anime) & C. prima di andarsene da casa decidono di lasciare un ricordino più del solito (normalmente vari oggetti vengono spostati e messi nei luoghi più inusuali: il Buitre in particolare ce l’ha da qualche anno con una marionetta soldato per teatro dei burattini alta 50 cm, mentre Gian e la sua donna sono fissati con una borsa dell’acqua calda mascherata da pinguino di peluche). Raggiungo il bagno per una sana cagata mattutina e finito il bisogno mi accorgo che la carta igienica è finita senza che nessuno si fosse preoccupato di mettere il rotolo nuovo. Beh, come biasimare quello che ha usato l’ultimo pezzo, non c’era. Anzi la carta c’era e sicuramente e ne rimaneva ancora. Quello in cui ero avvolto a letto non erano giornali (è inutile che obiettate che c’è una bella differenza tra la foxy e il secolo xix, lo so anche se non mi sono mai pulito il culo con un quotidiano, solo che quel mattino ero troppo lucido per capirlo). Il risultato è stato che per pulirmi il culo ho dovuto trascinarmi a chiappe strette fino in camera da letto per prendere un metro di carta igienica…e non mi venite a dire che potevo passare tranquillamente al bidet. Anche se siamo nel 2007 per me è necessario che venga prima la carta. Non mi piace toccare a mani nude la merda schietta. Preciso che quella fatidica sera la carta non mi fu avvolta intorno al corpo direttamente, ma venni sollevato, poggiato a terra e rimesso a letto sopra il mucchio composto da 5 rotoli circa e senza che mi svegliassi. In pratica feci tutto da solo durante il sonno, girandomi e rigirandomi mi avvolsi nella carta igienica come una mummia.
Da qui l’accostamento orate e carta da culo, reso ancora più consono dal fatto che successivamente, l’ultima martedì scorso, la cosa si è ripetuta almeno in un paio di occasioni e sempre dopo la cena delle orate (evitate battute sarcastiche…non sanno di merda, sono buonissime!). Fortunatamente le altre volte il rotolo è finito senza che il Buitre ci abbia messo lo zampino. Non ho dovuto fare molta strada col culo guarnito. Dovevo arrivare solo fino all’armadietto di fronte alla tazza. Comunque per farlo non basta allungare un braccio ma è necessario alzarsi, con tutte le conseguenze che ne derivano. Ed eludere il problema tenendo le chiappe allargate in modo che la destra e la sinistra non si diano il bacio alla merda? In questo caso per prendere la carta avrei dovuto scegliere tra i denti e le dita dei piedi!
Tirando le somme, ho deciso che d’ora in poi tutti coloro che sono intenzionati a partecipare alla cena, oltre al vino dovranno portare anche un rotolo di carta igienica…a testa ovviamente. E ci si scrive il proprio nome sopra come si fa con i bicchieri.

martedì 16 gennaio 2007

Lettera ad una donna...

Una criniera bionda e un abito da sera nero riempiono le mie pupille, monopolizzano il mio campo visivo, fanno sparire tutto il contesto e lo catapultano in un’altra dimensione: quella dell’inutilità. Solo dopo mi sono reso conto della unicità della situazione. Un sole in versione notturna che sfida tutte le leggi della natura che lo vogliono dormiente finchè la luna non si pone stanca di fare la sua parte! (dopo questa metafora direi che potrei fare lo scrittore, solo che riesco a mettermi spesso nei panni di un mio ipotetico lettore...quando lo faccio ho notato che mi vengono degli strani conati). Era la sera di capodanno, ero appena arrivato. Stavo bevendo non ricordo cosa, fuori l’entrata che da sulla piscina, ti davo le spalle. Girandomi mi hai puntato uno sguardo elegantemente indifferente, più sotto un impeccabile “sorrisoanimazionec’èunastranatmosfera”. Stupendo sorriso, ma stonava con il tuo fascino solare: come mettere i baffi alla Gioconda, anzi la museruola all’Urlo di Munch! Per un attimo sono rimasto con l’espressione di un elettricista che cerca di capire qual è il filo che fa contatto senza venirne a capo, poi capisco che quel sorriso è lì per lavoro. Lo metto in tasca, domani si vedrà, stasera è festa. Il viaggio onirico alla ricerca del ruggito silenzioso di leonessa (appunto!) che accompagna la tua presenza è posticipato.
Il mattino seguente mi alzo con un prurito mnemonico. Avevo qualcosa di piacevole che mi solleticava dentro. Scavo voracemente nella memoria come un cagnolino che deve ritrovare il suo tesoro. Mi alzo, mi preparo ed esco a cercarti, augurandomi che la visione della sera precedente non fosse stata uno scherzo architettato ad arte dall’amministratore delegato della Columbus. Tra la gente che incontro lo sguardo si focalizza principalmente sui vari membri dello staff, incrocio diversi sorrisisalutoprimaio ma non il tuo, quello del tipo “timettoapostoiosonolaprimawomandelvillaggio”. Proprio quello che la sera precedente in un nanosecondo mi ha annodato le viscere, ci ha messo su una spolverata di ormoni e ha centrifugato il tutto mandandolo a farsi fottere dentro la mia testa confusa.
Arrivo in spiaggia tardi ma abbastanza presto per vederti all'opera...eccoti lì, vesti i panni di "trecce di fuoco dj"...e una voce roca,sexy, calda, suadente trasforma le cazzate che dici in diamanti letterari, poesia per le orecchie…Allah, Dio, Gesù, la Madonna e il capo villaggio (quello con la R cedevole che dice sempre "vva bene?!" “cassuola” e "detto questo") benedicano le tue corde vocali! Ascolto rapito la tua serie di "bella gente" e "belle gioie" come fossero aforismi di Baudelaire . Ti guardo tipo Adamo quando gli si è presentata Eva per la prima volta. Ti trovo pedagogicamente bella quando insegni a ballare, lo sai fare, si vede e sembra che ti piaccia. Mi avvicino, applausi, sei in forma smagliante, hai un culo che canta silenziosamente l’Aida e il resto del corpo che gli fa da orchestra…rimango deluso quando la musica smette irrigidendo i tuoi fianchi, di più quando te ne vai dalla spiaggia. Quando non ci sei torno alla sdraio, mi perdo un istante al di là della barriera corallina e arriva a farmi visita contessa gelosia, facile di costumi come sempre, anzi stavolta proprio nuda come lucifero l’ha fatta. Il gioco è il suo preferito...la mia testa una cesta (troppo grossa, facciamo un cestino!) da centrare con le sue domande variopinte: allora mi chiedo se hai un uomo, se ti ama e se sei felice con lui, se ha il senso dell’umorismo, se ti scopa bene, se ha l’uccello più grosso del mio, come te lo scopi quando sei tu che comandi, cosa dici nel mentre, quante volte gli hai graffiato la schiena e piantato le unghie nelle chiappe, se hai mai ballato per lui, se quando lo baci gli passi la lingua dietro l’orecchio sinistro, se invece di un uomo hai - disgraziatamente per il genere maschile - una compagna, se sei fedele, se pensi a lui o a lei quando hai voglia ed hai solo le tue mani a farti compagnia, se la tua intimità con lei si è mai spinta a farti guardare mentre ti seduci da sola…dura partita…la contessa mi sfianca colmandomi di cazzate…come sempre accetto col sorriso la sconfitta, rimane un bel gioco, piacevole saperlo giocare (che bello, so fare il cestino!). Se ne va compiaciuta...mi sento come quando ci si rende conto di essere sopravvissuti ad un’ immersione del diving del Faraana (mi raccomando, acqua in bocca!)…rimetto la maglietta…ripongo l’eco della tua voce radiofonica nella memoria con la delicatezza di quando si adagia un neonato nella culla...e torno in stanza stordito.
La sera ti guardo recitare in teatro come una Monica Vitti claudicante, bendata e con una pallina da ping pong in bocca, mi giro di spalle e mi lascio consolare dalla tua voce roca per non lasciare che la vista intacchi la tua performance…signori si nasce (anche stronzi se è per questo!). Ti ritrovo a ballare allo "zodiaco", mi avvicino, sei strepitosamente carina. Trovo che ti calza a pennello il ruolo di prima donna ed è piacevole guardarti mentre ci giochi e sai di farlo bene. Mi avvicino ancora, mi stuzzica l'idea di ridurre al minimo le distanze per saperne di più...ti giri continuando a ballare e mi sorridi come la prima volta, un ruggito silenzioso, una ventata calda direttamente dalle colline del Sinai. Scambiamo due parole due, bastano per capire che la corazza è ben spessa. Trovo sia giusto e che non potrebbe essere altrimenti. Il che mi piace, mi fa sorridere e mi rende più curioso. Il tuo sguardo sembra dire “sto provando a scoparmi la vita, accomodati ma lascia aperta la porta” (non so che cazzo vuol dire ma suona bene). Gioco pensando alla possibilità di farti da portaerei su cui venire a posare le ali tutte le volte che ne hai bisogno. Il che mi fa sentire romanticamente malausseiniano oltre che un perfetto coglione disegnato da Giotto. Penso di dare spazio all’invadenza ed immettermi prepotentemente sulla tua strada di zingara del divertimento organizzato...mi sfiora la forte sensazione che sotto quel sorriso e dentro quegli occhi laguna ci siano meraviglie inaspettate. Mi piaci decisamente…suonano le campane…meglio: un Hendrix con le ali intona “foxy lady” in tuo onore imbracciando un mandolino egiziano. Penso a come prenderti un po’ in giro, il materiale non manca, in spiagga hai dato talmente bianco da ridipingere l’antartide (aiutata spesso dalla simpatia sfolgorante della banda barzotti al completo…diamo a cesare quel che è di cesare...belle gioie!). Più ti ammiro più penso insistentemente ad una bella scopata - come 1/3 della popolazione maschile lì presente tenendo conto dei fazzoletti sotto il mento mentre ti guardano ballare, compresi quelli che fanno finta di non cagarti per dimostrare che donne come te ne trovano a comando - la più bella della vacanza (pensiero per me stravagante visto che con prime donne sono sempre rimasto entusiasta come un gabbiano senz’ali)…anzi “bellerrima” come la tua verve cabarettistica mi suggerirebbe. Ti scopro ancora sorridermi, il solito ma per me talmente caldo da sciogliere un ghiacciaio. Ricambio con studiata tenerezza...si fotta la scopata! Non mi basterebbe. Inutile come una sveltina nel mezzo di un tornado. Allora qualcosa o qualcuno dentro di me suggerisce che prima si scopa, o almeno ci si prova, e poi ci si fanno le seghe mentali…roba da Vitelloni. Rispondo al grillo parlante di Fellini che con te il giochino non regge, reggerebbe con una donna qualunque. C'è già ed è a Genova che aspetta.
Allora rimetto il tuo sorriso in tasca. Decisamente luogo e momento sbagliato. La realtà bussa pesantemente alla porta, me ne rendo conto lucidamente. Vado ad aprire. Entra il freddo, le palle mi sembrano rientrate nell’inguine in cerca di un po’ di calore. Penso con filosofia zen (più una punta di umorismo) che a volte la sfiga rimane attaccata addosso come il prosciutto al culo di un maiale…sorrido e torno in stanza…senza rammarico ne amarezza...e ti scrivo.

P.S. E' stato un piacere non conoscerti solo perchè ero di passaggio.